Jorge Lorenzo, un fragile campionissimo

Jorge Lorenzo, un fragile campionissimo
Giovanni Zamagni
Jorge annuncia il ritiro: “Avevo già deciso dopo Assen”. Un pilota straordinario, capace di imprese memorabili, ma anche di prestazioni difficili da capire. Una bipolarità che ha portato grandi risultati, ma anche scelte quasi incomprensibili. I numeri dicono che pochi sono stati forti come lui
14 novembre 2019

VALENCIA - Il campionissimo ha detto basta. “Ho sempre detto che ci sono quattro momenti significativi nella carriera di un pilota: 1) il debutto; 2) la prima vittoria; 3) il primo titolo; 4) il ritiro. Oggi, purtroppo, per me è arrivato questo momento” dice inevitabilmente commosso Jorge Lorenzo. “Quando mi sono rialzato dopo la caduta di Assen - continua - mi sono detto: “Non voglio più correre”. Poi ho deciso di ragionare, di ritardare questa decisione, vedere se avrei ritrovato le motivazioni o se fossi riuscito ad andare meglio con la Honda. Purtroppo non è successo”. Così, Lorenzo si ritira, dice basta con il motomondiale dopo 68 vittorie (47 in MotoGP), 5 titoli mondali (3 in MotoGP), 152 podi (114 in MotoGP); 69 pole (43 in MotoGP). Numeri da brividi, come da pelle d’oca è stato l’annuncio del suo ritiro: Carmelo Ezpeleta al suo fianco (“Posso solo dire grazie a Jorge per tutto quello che ha fatto per il motociclismo. A Jerez, nel 2020, Lorenzo entrerà a far parte della “Hall of Fame””), davanti a lui centinaia e centinaia di addetti ai lavori, compresi un sacco di piloti (ma non Valentino Rossi), tecnici, team manager. Tutti tristi, come è giusto che sia quando un campione così dice basta.

 

PILOTA STRAORDINARIO

I numeri, crudi, dicono quanto sia stato grande, ma è soprattutto parlando con chi ha lavorato con lui che capisci la forza di Lorenzo. Come Giovanni Sandi, il tecnico che lo ha portato a conquistare i titoli con l’Aprilia 250, o come Davide Marelli, l’elettronico di Casa Yamaha con il quale Lorenzo ha vinto i tre mondiali in MotoGP. O come, naturalmente, Gigi Dall’Igna, l’ingegnere che lo ha voluto a tutti i costi (è il caso di dirlo) in Ducati, e che lo avrebbe rimesso volentieri sulla sua DesmosediciGP. Tutti ti dicono la stessa cosa: “E’ capace di cose straordinarie”. In Yamaha lo paragonano al Márquez attuale: chi ha visto la sua acquisizione dati del suo periodo d’oro, conferma che Jorge era in grado di fare una differenza mostruosa. Come può confermare anche Valentino Rossi, tanto “infastidito” dalle prestazioni dello spagnolo, da decidere, nel 2010, di lasciare la Yamaha per la Ducati.

 

GRANDE CARATTERE, MA ANCHE GRANDE FRAGILITA’

Oltre al talento, alla grande velocità, alla capacità come pochi altri (forse nessuno) di ripetere decine e decine di giri allo stesso modo, frenando e accelerando nel medesimo punto, percorrendo traiettorie perfette, Lorenzo ha dimostrato un carattere di ferro, tornando fortissimo dopo aver preso bastonate pazzesche (sportive, naturalmente). I due anni in Ducati, sotto questo aspetto, sono stati molto significativi: dopo tante gare anonime, l’improvvisa resurrezione, le tre vittorie incredibili, la bravura nell’adattarsi a una moto molto differente dalle sue caratteristiche. Impresa che non gli è riuscita con la Honda, con la quale ha avuto solo un paio di sprazzi positivi: nei test invernali - novembre 2018 - a Jerez e nel GP della Catalunya. Poi solo risultati mediocri, cadute, infortuni, giri al rallentatore. La decisione di smettere è stata quasi inevitabile, anche per una questione di dignità: un campionissimo come lui non poteva continuare in questa maniera. Ma Lorenzo, nella sua carriera, ha anche dimostrato una fragilità difficile da spiegare e da confrontare con tanta caparbietà: spesso ha alternato momenti divini ad altri inspiegabili, incapace di uscire da un tunnel psicologico incomprensibile dall’esterno.

SEMPRE SINCERO, MA…

Chiacchierare con Lorenzo, intervistarlo, è sempre stato piacevolissimo ed è assolutamente vero che lui è un pilota che dice sempre la verità, come rivendica ogni volta che parli con lui. E’ altrettanto certo, però, che a volte lascia sconcertati per quello che dice, per tesi insostenibili, per teorie molto differenti dalla realtà. Un limite che in alcune occasioni gli è costato molte critiche, come per esempio dopo il GP della Malesia e quello di Valencia del 2015, quando si intromise malamente nella rovente polemica tra Marc Márquez e Valentino Rossi. Un clamoroso autogol difficile da giustificare, che conferma ancora questa sorta di bipolarità di un pilota, di un uomo straordinario, ma anche fragile. Si è ritirato troppo presto ed è incredibile che a mettere fine alla sua carriera sia stata in qualche modo la Honda, la più grande Casa motociclistica del mondo, la cui moto tutti i piloti sognano. Ma che per Jorge Lorenzo si è trasformata in un incubo.