Dentro il Centro Stile Ducati: a Bologna nascono così le moto di domani

Dentro il Centro Stile Ducati: a Bologna nascono così le moto di domani
Maurizio Gissi
  • di Maurizio Gissi
Il centro stile Ducati ha aperto le sue porte. Ecco il processo di design che dal primo schizzo porta alla moto di serie attraverso un processo complesso, e competitivo, che inizia da un'idea, da un foglio di carta e termina con l'evoluta progettazione 3D
  • Maurizio Gissi
  • di Maurizio Gissi
15 febbraio 2019

Lo stile è una componente fondamentale di ogni moto Ducati, tanto che a Borgo Panigale lo indicano come uno dei pilastri di progetto assieme alle prestazioni e alla sofisticazione tecnica.

Già, ma come nasce il design di una Ducati? Quale percorso si segue per arrivare alla moto finita partendo dall’idea?

Dopo lungo tempo il Centro Stile Ducati ha aperto le sue porte, naturalmente evitando di anticipare progetti futuri o svelare qualche bozzetto di studio – se ci avessero mostrato qualcosa in via ufficiale si sarebbe trattato di una pista falsa – ma per raccontare il processo di sviluppo del design dalla fase embrionale alla maquette che porta al modello di serie.

Stefano Tarabusi
Stefano Tarabusi

Come esempio esplicativo è stata scelta la Ducati Diavel 1260 appena entrata in produzione e presentata all’ultima EICMA. Un modello indubbiamente interessante perché atipico nella storia Ducati, non la classica moto sportiva di scuola italiana insomma. Il metodo di lavoro è peraltro comune a ogni modello che nasce a Bologna.

Il brief alla base di ogni nuova moto o di un aggiornamento – ci ha spiegato Stefano Tarabusi, product manager Ducati per le serie Diavel, Monster e Multistrada - prevede una serie di passaggi da rispettare come il posizionamento del modello nel proprio segmento, le analisi di marketing, dei modelli concorrenti e dei clienti di riferimento, la messa a fuoco delle caratteristiche tecniche più opportune e il design brief.
Quest’ultimo punto, in realtà centrale, ricade a cascata e in maniera influente su tutto il resto.
La nascita di un nuovo modello può scaturire dalle proposte del marketing, dalle sollecitazioni dei clienti, piuttosto che dalle idee dei designer o dagli spazi di mercato più interessanti che si stanno creando.

Nello specifico, la Diavel è stata sviluppata a partire dal 2008 con il nome interno MegaMonster; l'obiettivo era di far debuttare Ducati in un segmento inedito. la nuova moto doveva avere cilindrata più grossa del solito, doveva essere più potente e anabolizzata, muscolare e aggressiva.

Idealmente si legava alle altre Ducati superbike e naked sport, ma introducendo elementi cruiser: tipici il profilo del serbatoio e il motore a vista in stile Monster, l’accenno di carenatura e la coda piccola ispirati dalle supersportive, mentre dal mondo cruiser arrivavano la forma allungata, la sella bassa e la gomma posteriore extra large. Vista di profilo, sovrapponendo questi elementi, l’estetica ricordava un atleta centometrista ai blocchi di partenza.

Centro stile e progettazione lavorano a strettissimo contatto in ogni fase dello sviluppo, con costanti scambi d’idee, di esperienze e proposte. Non è raro che siano i designer a suggerire nuovi accorgimenti tecnici: è stato ad esempio il caso della sospensione posteriore laterale introdotta sulla Panigale bicilindrica. Una scelta stilistica con vantaggi anche concreti, come l’alleggerimento strutturale della zona posteriore, ma che ha obbligato i progettisti a ripensare ciò che era consolidato.

Secondo Andrea Ferraresi, design director Ducati, ingegnere aeronautico e a Borgo Panigale dal 2000, «...una caratteristica peculiare delle nostre moto è che nascono da una stretta collaborazione fra progettisti e designer fin dalla prima fase di sviluppo dell'idea».

Giovanni Antonacci e Andrea Ferraresi
Giovanni Antonacci e Andrea Ferraresi

Anche i fornitori sono  coinvolti quando necessario, ad esempio la scelta estetica del largo pneumatico posteriore della Diavel (240 mm per il cerchio da 17 pollici) doveva unirsi a doti di maneggevolezza e inclinazione in curva compatibili con le qualità di una Ducati, e Pirelli ha sviluppato allo scopo un pneumatico specifico.
Il costruttore milanese ha fatto lo stesso anche quando si è trattato di estremizzare certe caratteristiche prestazionali come nel caso della versatile e potente Multistrada o della specialistica Panigale V4.

Sono una trentina le persone che lavorano al centro stile Ducati e fra queste ci sono sei designer (tre senior coadiuvati da altrettanti junior) e ciascuno si occupa di una o due famiglie di modelli. Ogni moto Ducati nasce all’interno di questa struttura, si fa ricorso a consulenti esterni ma la parte creativa è curata unicamente dal centro stile.
I tre senior designer sono: Giovanni Antonacci (sue l’ultima 1299 e le recenti Monster e Diavel), Andrea Amato (serie Hypermotard e Multistrada dal 2016) e Julien Clement (Scrambler, SuperSport 900 e Panigale V4).

Come sintetizza nuovamente Andrea Ferraresi che ci accompagna in questo tour, «Una Ducati deve essere sensuale: significa che non deve essere soltanto bella, che quando la guardi per la prima volta hai l’impulso di toccarne le superfici per conoscerla anche attraverso il tatto».

Una volta data forma al carattere che lo stile della moto deve esprimere, occorre prestare la massima attenzione all’equilibrio delle proporzioni. «Le proporzioni sono tutto. – insiste Giovanni Antonacci - Puoi disegnare linee bellissime ma se sbagli le proporzioni hai fallito. E solo una volta che sono state affinate le forme e le proporzioni si passa ai dettagli».

«Lavorare a un modello nuovo è fantastico per un designer perché la creatività è libera. Quando invece si tratta di modificare un modello esistente bisogna rispettare l’identità precedente. In entrambi i casi le difficoltà non mancano, a cambiare è l’approccio».

Quelle che Ferraresi definisce “le regole d’oro del designer Ducati” sono i paletti entro i quali muoversi senza porre freno alla creatività. Significa che occorre usare materiali autentici: fibra di carbonio, alluminio, magnesio e non imitazioni quando si decide di adoperarli. Lo stile deve essere essere riconoscibile e originale; le dimensioni devono essere compatte secondo la tradizione racing; le forme devono essere sensuali, come è stato già detto, le linee devono esprimere sportività, aggressività, devono rispettare la qualità aerodinamica e, infine, va dato peso alle peculiarità tecniche e alla bontà delle componenti.

«Fatto cento il tempo speso da un nostro designer, il 30% è dedicato allo stile e il 70% all’affinamento produttivo. – prosegue Ferraresi – Dal 2004 abbiamo accentuato il rapporto fra area tecnica e centro stile mettendo strettamente in comunicazione i due mondi e le rispettive esigenze come prima non era stato fatto».

Uno dei Moodboard per la Diavel 1260
Uno dei Moodboard per la Diavel 1260

Nonostante esistano sofisticati programmi di disegno, al centro stile Ducati si preferisce ancora dar forma all’idea iniziale disegnando a mano sul classico foglio di carta. «Usiamo tantissimo i software – prosegue Ferraresi - ma ci sono ancora dei passaggi creativi per così dire “romantici” che rappresentano la parte forse migliore del designer: i bozzetti disegnati a mano, la modellazione clay, ancora una volta manuale, e infine vedere per la prima volta la propria moto su strada».

«Per noi il Moodboard (la raccolta di immagini che adoperano designer e progettisti per rendere l'idea del loro progetto, ndr) è molto importante – sottolinea Antonacci – ci dà l’ispirazione, ci aiuta a capire il feeling che può passare la moto, le sensazioni che arrivano e soprattutto ci suggerisce in quale direzione muoverci». Dopo questa immersione creativa vengono realizzati centinaia di disegni, si preparano presentazioni, si sottopongono agli altri componenti del centro stile.

Ogni nuovo progetto viene affidato a più designer, in una sorta di competizione interna attraverso la quale sono proposti non soltanto soluzioni di stile ma anche tecniche e di packaging meccanico. Nel caso della Diavel 1260 i designer coinvolti sono stati tre. Per la recente Panigale V4 sono stati addirittura sei, un record in Ducati: erano stati quattro per la Panigale bicilindrica.

Attraverso una selezione progressiva si passa dalle tre alle due proposte e alla fine si opta per quella finale. L’analisi viene compiuta dal centro stile, dal marketing, da un focus group composto di una dozzina di appassionati motociclisti che, a vari livelli, lavorano in Ducati. Ma la parola decisiva è demandato alla sensibilità e alla responsabilità di Claudio Domenicali, amministratore delegato Ducati, ingegnere meccanico e motociclista.

Torniamo alla nostra Diavel 1260. La prima selezione da tre a due proposte viene fatta sui disegni elaborati con photoshop, poi si passa alla fase che anticipa il modello in clay passando alla tecnica digitale.

Mentre il reparto prototipi allestisce l’ossatura della moto, si passa alla realizzazione tridimensionale delle sovrastrutture. Un programma CAD gestisce la macchina che fresa il modello in schiuma poliuretanica realizzando le sovrastrutture, che saranno poi rifinite e verniciate per completare la parte estetica.
Si ottengono così due proposte in scala 1:1 utili a un’analisi generale e non di dettaglio «Da valutare a sei metri di distanza», spiega Ferraresi.
Da questo confronto è selezionato il modello che proseguirà nella competizione interna «...e a questo punto, scelto il design, inizia il vero lavoro».

I disegni dei tre progetti iniziali, i due modelli in scala e la versione "vincente" alla modellazione clay
I disegni dei tre progetti iniziali, i due modelli in scala e la versione "vincente" alla modellazione clay

Viene realizzata una moto muletto con la quale si iniziano i test su strada svolti dai collaudatori Ducati. La pratica suggerisce la modifica di dettagli, se necessario viene corretta l’ergonomia, oppure modificato un profilo che altrimenti disturberebbe il comfort, o migliorata la forma della sella e così via.

Intanto inizia il lavoro sul modello in clay. Anche in questo caso la sgrossatura delle forme, su foam ad alta densità, viene eseguita con fresatrice tridimensionale per velocizzare il lavoro che un tempo era totalmente manuale.
Sopra a questo corpo viene depositato e poi modellato lo strato di clay. Che altro non è, semplificando, che una specie di plastilina. Ma che che per essere modellata a mano dal designer deve essere riscaldata a circa 60° e che una volta fredda può essere lavorata asportando il materiale eccedente fino ad arrivare alle forme volute. Che vengono affinate, verificate, modificate o rifatte fino al risultato desiderato.

Il modello in clay viene fotografato e le immagini elaborate digitalmente prima che il designer rimodelli le superfici. Cosa più importante, la moto viene misurata punto per punto con un software specifico che ne rileva accuratamente le dimensioni 3D formando una sorta di banca dati di stile che è utile al designer.

E’ ancora Ferraresi a spiegare questo processo creativo «Il designer può modellare la sua moto con grande flessibilità, sperimentare i cambiamenti rapidamente e nel giro di un giorno può modificare radicalmente quello che ha fatto se non è convinto».

Il panel interno di ducatisti interviene ancora durante questa fase nella quale le modifiche sono attuabili.
Definito il modello clay finale, anche qui l’approvazione di Domenicali è cruciale, lo stile viene sostanzialmente bloccato e da lì in avanti le variazioni possono essere solo marginali o per componenti di fornitura: la voce costi è sempre molto importante…

Si passa quindi alla scansione per punti che permette la creazione di un modello virtuale tridimensionale con tutte le parti tecniche e accessorie. Il programma di progettazione industriale e creazione di superfici Alias entra qui in gioco pesantemente.
«E’ la procedura in assoluto più costosa e complessa – conclude Ferraresi – coinvolgendo cinque persone per molte settimane di lavoro al PC».

Realtà virtuale e una apposita virtual room aiutano a verificare il risultato finale, vengono analizzate finiture superficiali, texture, colorazioni.
Definite e verificate le dimensioni di ogni componente, e dell’insieme, si passa alla maquette finale che anticipa la moto di serie: è ancora un modello di stile non funzionante, ma è difficile accorgersene e non solo al primo sguardo da come le finiture sono accurate e a imitazione dei materiali veri che saranno utilizzati.

Quanto tempo passa dal brief al modello di produzione? Sono necessari mediamente tre anni di lavoro, ma si arriva a cinque anni nel caso ci sia in ballo lo sviluppo di un nuovo motore.

Argomenti