I Racconti di Moto.it: "RG Gamma"

I Racconti di Moto.it: "RG Gamma"
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
Noi quattro negli anni Ottanta eravamo ragazzacci cresciuti a pane e miscela al tre percento, amici per affinità motociclistica che passavano i sabato sera con le moto mentre i coetanei si agitavano in discoteca; i soldi erano pochi e arrivati dal benzinaio dividevamo per quattro
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
16 gennaio 2015

Punti chiave

Noi quattro negli anni Ottanta eravamo ragazzacci cresciuti a pane e miscela al tre percento, amici per affinità motociclistica che passavano i sabato sera con le moto mentre i coetanei si agitavano in discoteca; i soldi erano pochi e così mettevamo in comune quello che avevamo racimolato durante la settimana e arrivati dal benzinaio dividevamo per quattro, cercando di farci bastare i pochi litri di benzina rossa che potevamo permetterci. Verso le 22 finivamo sempre alla trattoria “il lupo” dove chiedevamo timidamente il piatto meno caro e ce lo facevamo bastare fino all’illusione di sazietà, seduti sempre allo stesso tavolo vicino alla finestra per poter buttare un occhio alle moto nel piccolo parcheggio; dopo un paio d’anni di frequentazione della trattoria iniziammo a fare simpatia al proprietario Michele, o forse era solo pietà, che fingeva di sbagliare per eccesso le porzioni. Ogni tanto Michele tirava pure fuori cinque birre e si sedeva con noi a rinverdire la sua adolescenza passata a cavallo di un Falcone finito corroso dalla salsedine nel garage di casa e fantasticavamo su una improbabile gita per vedere il Motor Show.

 

Ma questo era trent’anni fa. Ora la maturità è intervenuta a gamba tesa a marcare la distanza tra ciò che speravamo di essere e quello che siamo diventati; quando arriviamo in qualche posto la gente magari si aspetta che a bordo di quelle bellissime motociclette allineate con studiata scenografia ci siano aitanti giovanotti mentre invece sotto la visiera ci sono occhi presbiti e un certo rimpianto per non avere avuto da giovani le stesse disponibilità economiche di oggi.

 

Quel sabato in motocicletta che inseguivamo come una bella ragazza, come la gonna della mamma quando eravamo piccoli, come il sospiro dopo avere mollato per la prima volta la frizione senza far spegnere il motore

Giulio fa il giudice: una carriera inarrestabile dalla Vespa Special truccata fino alla crucca sei cilindri ma non è mai cambiato nonostante il prestigio dell’invidiabile posizione sociale. Resta sempre quel simpatico pataccaro che millantava i 100 all’ora con la Vespa e oggi progetta grandi viaggi che non riesce mai a compiere per “i gravosi impegni istituzionali”. Sposato, divorziato, risposato, tre figli e una piccola collezione di cicatrici sulle mani a forza di provare ad impennare il Caballero. È stato lui ad avere l’idea di rilevare la trattoria “il lupo” quando Michele manifestò la voglia di chiudere per raggiunti limiti d’età.

Enrico è il più grande del gruppo, cavalca la stessa moto di quando aveva vent’anni con incredibile lungimiranza e coerenza; ha iniziato con una Lambretta ereditata dal nonno e poi è balzato subito dal Morini 125 alla Suzuki Gamma 500 due tempi quattro cilindri che non ha mai venduto dopo averla acquistata a rate garantite da suo zio buonanima e successivamente saldata in un’unica soluzione quando fu assunto dalla multinazionale dell’elettronica della quale oggi è general manager del mercato italiano. Ha rischiato la vita più spesso lui con il Gamma 500 che un soldato nelle trincee della prima guerra mondiale ma l’ha sempre sfangata e lo chiamano “l’immortale” per l’oltraggiosa capacità di restare sempre in piedi pure nelle situazioni più estreme: dalla chiazza d’olio in curva, alla staccata irrimediabilmente tardiva, alla piega a 60° con la ruota da 16’’ che per completare la curva ancora tutti interi ci vorrebbero le rotelle. Mai cambiato una carena, sono sempre quelle originali dell’85. Oggi fa scorrazzare col Gamma suo figlio Massimo nel cortile condominiale, solo che suo figlio ha tredici anni e qualche problema col vicinato; speriamo la tratti bene, per una RG Gamma 500 avrei fatto pazzie.

 

Sebastiano è un medico fenomenale ma avrebbe voluto fare il meccanico perché, sostiene, fare il chirurgo è troppo complicato: i meccanici sono più fortunati perché “un pezzo di ricambio lo trovi sempre”.
La moto di Sebastiano è uno scooter a tre ruote e c’è poco da meravigliarsi: ha mosso i primi passi con il “Sì” e alla comodità non ha mai rinunciato acquistando a turno tutti i mezzi che l’industria motociclistica ha proposto come soluzione definitiva per la placida mobilità individuale, ciononostante piega come Mamola a Misano e frena con le visioni celestiali di Schwantz.
Ho sempre pensato al suo talento sprecato quando con una Cosa 125 ci passava tutti in frenata per poi percorrere la curva di traverso stracciando tutte le leggi della fisica e il calcolo delle probabilità.

 

Non mi piace parlare di me, di quello che ero. Ho il rimpianto di non avere mai potuto guidare il Gamma 500 di Enrico, quella mostruosa creatura profumata di Gran Premi: quattro minacciosi silenziatori a sputare nuvole azzurre e il sibilo violento dei dischi rotanti

Non mi piace parlare di me, di quello che ero. Ho il rimpianto di non avere mai potuto guidare il Gamma 500 di Enrico, quella mostruosa creatura profumata di Gran Premi: quattro minacciosi silenziatori a sputare nuvole azzurre e il sibilo violento dei dischi rotanti. Ero il più giovane della compagnia e il mio momento di gloria stava per arrivare, avrei compiuto diciott’anni e poi Enrico me l’avrebbe affidata per un brevissimo giretto, me l’aveva promesso. Ma un Ciao in controsenso mi ha preso sul manubrio; sono caduto urtando con la testa nuda il bordo di un marciapiede mentre con la mia Honda 125 CBX facevo le consegne per raggranellare qualche soldo da spendere in benzina il sabato, quel sabato in motocicletta che inseguivamo come una bella ragazza, come la gonna della mamma quando eravamo piccoli, come il sospiro dopo avere mollato per la prima volta la frizione senza far spegnere il motore.

 

Oggi è uno di quei sabato sera nel quale siamo riusciti a riunirci, la trattoria è deserta, Michele non avrebbe approvato ma i miei tre amici tengono questo locale solo per noi quattro e lo aprono i fine settimana estivi un po’ per sfizio e un po’ pure per non fare invecchiare e condannare all’oblio la nostra gioventù e il mio ricordo. Sul cavalletto laterale la RG Gamma 500 e una sei cilindri osservano incuriosite nel parcheggio il tre ruote che sta in piedi da solo. Sul tavolino d’angolo, Sebastiano e Giulio ascoltano Enrico che racconta come è riuscito ad evitare un camion in controsenso mentre stava esagerando in quarta marcia: “dovevate vederlo, più si avvicinava più io frenavo ed era impossibile rimanere freddi. Poi la moto ha scartato quasi da sola rimanendo ad un centimetro dal guard-rail mentre il camion mi sfilava a un metro!”. “Che culo!” dice Giulio, “Vabbè ma pure il sangue freddo… e poi il Gamma è leggerissimo lo metti dove vuoi!” aggiunge Sebastiano “…che ne avrebbe detto Lorenzo?”; cala un attimo di silenzio e tutti e tre guardano verso la mia sedia vuota, come se aspettassero una risposta ma io me ne sono andato ventisei anni fa; comunque adesso non importa cosa avrei detto io: sono ventisei anni che cerco di conservare integro quel Gamma 500, Enrico amico mio carissimo, e sarebbe pure ora che tu credessi agli angeli custodi delle moto.